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venerdì 20 agosto 2010

Un ospite inaspettato

Nell'istante in cui il sole sparì oltre le montagne il cielo da arancione si tinse di un rosa così bello da costringere persino le rondini ad interrompere il loro volo e planare leggere per ammirare l'orizzonte. Erano gli ultimi raggi del giorno che accarezzando i cucuzzoli innevati si spargevano nell'aria pulita dell'autunno inoltrato, ma tutti coloro che videro quello spettacolo pensarono di essere al cospetto del passaggio di una dea raminga che passeggiando attraverso il mondo tradiva la sua presenza agli occhi dei mortali.
Poi imbrunì. In lungo ed in largo, in tutto il Vanegard ci si affrettava a rincasare. Gli orchi in caccia nei boschi si apprestavano ad accendere un fuoco per accamparsi, mentre nei villaggi le loro spose richiamavano i cuccioli che si attardavano nella speranza di veder tornare i propri padri. I fattori umani mettevano fretta alle mandrie, e tutti i campi risuonavano dei latrati dei cani pastore. Nel caer le donne serravano le finestre ed accendevano i camini, gli ultimi avventori delle locande tornavano malfermi alle loro abitazioni, lasciando il posto agli ubriaconi notturni.
E nella Sala delle Origini un paggio annunciò che re Lotr era pronto ad accogliere i suoi ospiti.
Il banchetto si svolgeva nella sala del trono, l'unica abbastanza ampia da contenere tutti gli invitati.
Aleski, nell'entrare, ebbe dapprima la sensazione di essere capitato in una piccola basilica ad una sola navata. Il pavimento era di marmo ed il perimetro del salone era delimitato da robuste colonne finemente lavorate. Ad ogni colonna era appeso uno scudo diverso, di legno, di ferro, di bronzo, ed ognuno aveva un simbolo diverso sul dorso. Al centro della navata erano stati imbastiti due lunghe tavolate, ed una terza, rialzata, capeggiava su di esse. Dietro, in fondo al salone, si scorgeva il trono, appollaiato alla fine di una ripida scalinata di marmo nero.
Un uomo alto che camminava di fianco ad Aleski verso i tavoli, gli diede di gomito e lo informò:
-Guarda, quello è l'orgoglio dei re! Dicono che Daf Nivar stesso lo abbia scolpito da un unico tronco di quercia!-
Aleski sorrise incerto, non sapendo bene come comportarsi, dove andarsi a sedere, chi salutare e cosa dire. Aveva perso di vista Gawain Darius, l'unico volto conosciuto in quella marea di lineamenti. Ma poi vide Ollerus salire sulla pedana rialzata ed andarsi a sedere alla tavola centrale. Cercò di farsi vedere, ma la folla premeva per prendere i posti migliori e soffocavano ogni suo tentativo. Di sfuggita scorse Ollerus chiamare un paggio, al quale fece un cenno ad indicare verso la sua direzione. Il paggio caracollò verso Aleski, facendosi largo a fatica tra i commensali, controcorrente. Lo raggiunse, lo prese per un braccio e lo trascinò nella direzione dal quale era venuto.
Quando furono al sicuro, il paggio accostò la bocca all'orecchio di Aleski e, per farsi sentire nel marasma generale, urlò:
-Il vostro posto è vicino al signor Ollerus!-
Poi scappò via. Aleski salì sulla pedana e si avvicinò all'amico, il quale si alzò e gli strinse la mano. Se fino ad un'ora prima Ollerus era sembrato scostante e pensieroso, ora appariva molto più sollevato, quasi gioioso. Aleski ne fu felice, perché da quando era tornato gli era sembrato più angosciato che mai.
Si sedettero entrambi, ed anche la folla poco per volta trovò posto. Quando tutti furono seduti il rumore assordante di poco prima si trasformò in un lieve vociare.
Al centro della tavola c'erano due posti liberi. Ollerus era seduto a sinistra di essi, Gawain Darius a destra. Gli altri nove posti rimanenti erano occupati da uomini che Aleski non aveva mai visto.
All'improvviso, così com'era iniziato, il vociare cessò. Gli sguardi di tutti gli invitati si focalizzarono verso l'ingresso del salone. Entrarono due servitori, che si guardarono intorno e poi si fecero da parte. Poi entrò un paggio, che si affrettò a raggiungere la tavola e si mise dietro ai due seggi vuoti. Infine fece il suo ingresso re Lotr. Non molto alto, robusto come una roccia temprata dagli anni, vestiva un'armatura leggera di cuoio. La barba bianca striata di grigio, gli occhi color nocciola che scrutavano ogni angolo, intrappolati nell'abitudine di dover sempre e costantemente essere pronto al peggio. Sul capo portava un cerchietto d'argento a figure geometriche. Il suo passo era malfermo, per colpa di una grave ferita al polpaccio sinistro riportata in battaglia molti anni prima, ma avanzava con grande dignità.
In situazioni normali i commensali non avrebbero avuto occhio che per lui, trepidanti ed adoranti avrebbero dato di gomito al proprio vicino, si sarebbero scambiati sguardi eloquenti, avrebbero fatto battute a mezza voce e si sarebbero goduti per intero l'ingresso del re. Ma quel giorno gli occhi erano tutti per l'individuo che lo seguiva.
Non si può dire molto di costui, se non che era molto più alto del sovrano, e che il suo aspetto era indecifrabile: era infatti completamente coperto da un lunghissimo mantello verde scuro. Il suo volto era nascosto sotto il cappuccio.
Quando il re ed il misterioso ospite raggiunsero i loro posti, il paggio scostò le sedie per farli accomodare e quando furono seduti sparì chissà dove, dietro una piccola porta sulla parete di fondo.
Tutti erano in attesa delle parole del re, che non si fece attendere. Prese una coppa piena di vino rosso, si alzò ed esclamò:
-Quando un uomo si trova in terre a lui sconosciute, circondato da volti ignoti che parlano lingue esotiche. Quando un uomo vive avventure straordinarie e pericolose. Quando un uomo incontra esseri al di sopra della sua stessa umanità. Quando un uomo è precipitato nella leggenda, c'è solo una cosa che gli consente di non vacillare. Solo una cosa che gli può dare la forza di non perdere se stesso. Quella cosa è la consapevolezza. La consapevolezza di poter dire basta e tornare indietro, a casa! E' questa la mia casa, la mia casa siete voi!-
Le ultime parole rimbombarono sotto il soffito e fecero tremare le fiaccole, ma il boato che scaturì dagli astanti fu incomparabile. Il re aspettò che la folla calmasse la propria gioa e riprese:
-Nelle notti senza stelle, al freddo, accampato con la mia scorta nel lungo viaggio che ho compiuto, io pensavo alle mie terre, a Caer Ydalir, che finalmente riesco a chiamare casa, seppure la nostra casa è dove gli orchi hanno piantato con prepotenza i loro villaggi. Ma vi prometto che presto riavremo la nostra terra! Il mio viaggio è stato fruttuoso. Ho appreso qualcosa che ci sarà utile, ma soprattutto ho portato con me un alleato. Signori, vi prego, porgete i migliori omaggi al mio amico, il principe Tokdai Marah!
In molti si alzarono per vedere meglio, tutti erano pieni di domande che riversavano sul proprio vicino. Tokdai Marah non si alzò, ad Aleski sembrò che cercasse di evitare gli sguardi della gente.
-E' un Incappucciato.- Gli disse sottovoce Ollerus.
-Cosa?
-Per questo si agitano tanto, il re ha portato un Incappucciato, un principe per giunta.
-Cos'è un incappucciato? Un nemico?
-Gli Incappucciati non si fidano di nessuno perché chiunque potrebbe essere un loro nemico. Li chiamano anche Elfi.
-Elfi? Davvero? Nel mio mondo si racconta degli elfi!
-Allora sai perché sono così schivi.
-No, so che sono immortali, bellissimi e magici.
-Tutte cose che dovrai chiedere a lui, noi non sappiamo nulla degli Incappucciati e del loro modo di vivere. Sappiamo solo una cosa: sono preziosi.
-Preziosi?
-I loro capelli. Fili d'oro i capelli delle femmine, quelli dei maschi sono d'argento. C'è chi ucciderebbe per catturare un elfo. La loro natura solletica l'avidità di molti.
-Dici sul serio?
-Portano il cappuccio per passare inosservati. E per non ingolosire chi li incontra. Non troverai oro o argento più puro, credimi.
-Anche qui al caer è in pericolo?
-Ovunque si può nascondere l'avidità, chiunque può improvvisarsi cacciatore di elfi. Ma ben pochi possono sperare di catturarne uno e di rimanere vivo. Ho sentito dire che sono velocissimi, sia quando scappano che quando uccidono. Resta il fatto che Re Lotr è stato incauto a rivelarne il nome, se non l'avesse fatto l'elfo avrebbe potuto farsi passare per un umano, e trovare una storia da raccontare per giustificare il cappuccio indossato al cospetto del re. Invece ora il sospetto sta diventando certezza anche tra i più stolti.-
-Brindate al mio ritorno, e mangiate!- Tuonò il re.
Fu così che ebbe inizio il banchetto. Vennero portati cibi a volontà, e la birra scorse a fiumi. Il suono dei violini e delle ghironde allietava la serata. Aleski non potè fare a meno di pensare che tutto quel cibo, nei livelli bassi della città, non si sarebbe mai visto. La selvaggina scarseggiava e i raccolti erano miseri, eppure il re poteva imbastire un intero banchetto.
Il sovrano parlava amabilmente con tutti i commensali, meno che con Aleski, il quale non ci fece troppo caso, anzi fu felice di non dover sostenere una conversazione regale. Ma proprio mentre stava addentando una coscia di pollo, sentì il suo nome pronunciato a gran voce:
-Aleski! Mi hanno parlato a lungo di questo visitatore. Ebbene i suoi ammiratori sono ben più loquaci di lui!
-Non volevo disturbare la sua cena, sire. O sua maestà. O come vi chiamano tutti, insomma.
-Sei proprio un impertinente tu!
-La timidezza si trasforma spesso in arroganza, re Lotr.- Intervenne Ollerus, lanciando un'occhiataccia ad Aleski.
-Non importa, non importa! Oggi è festa, e mi divertono le persone audaci! Ma ditemi, Aleski, è vero quello che si dice? Che venite da un altro mondo?
-Sì, il mondo reale.
-Un mondo dove i carri si muovono senza cavalli e le case grattano i cieli? Ben poco realistico, a mio parere.
-Vedo che Ollerus vi ha raccontato molto.
-Tutto!
-Allora non c'è altro da sapere.
-C'è sempre qualcosa da imparare, non è forse vero?
-Certo, per esempio qualcuno potrebbe dirmi come tornare indietro.
-Se lo sapessi, ve lo direi seduta stante: mi rovinate l'atmosfera! Divertitevi, e toglietevi quell'aria di insofferenza!
-La vostra gente muore di fame, sapete?-
Il re si fece all'improvviso torvo e si alzò in piedi. Tutti tacquero, Aleski ebbe un tremito e si ritrasse.
-Quest'uomo, venuto da un altro mondo, mi ha appena accusato di trascurare la mia gente.-
Il silenzio era palpabile.
-Ebbene, io so bene che Caer Ydalir è allo stremo. So bene che il popolo piange. Ma qui vi dico, signori, e ringrazio Lupus Aleski per avermi dato l'occasione di fare questo annuncio, che nel mio viaggio sono infine giunto al cospetto dei maggiori signori delle terre conosciute. Ci siamo riuniti in consiglio ed abbiamo deciso che la situazione non è più tollerabile. Presto, quando saremo pronti, daremo guerra all'Imperatore e riprenderemo le nostre terre.-
Il re tornò a sedersi, e non rivolse parola a nessuno. Con lo sguardo basso prese a mangiare con foga.
Dopo un attimo di smarrimento i violini riattaccarono timidamente il concertino, e il chiacchiericcio tornò a farsi sentire.
Aleski era ammutolito, così come Ollerus, che si guardava intorno smarrito.
Il banchetto durò ancora per qualche ora, poi la gente fu invitata a lasciare la sala, che piano piano si svuotò. Re Lotr trattenne però trattenne alcuni uomini che sedevano alla sua tavolata. Gawain Darius Green ed Ollerus erano tra questi. Aleski si alzò e salutò, pronto a tornare a casa, ma il re lo chiamò levando una mano.
-Aleski, desidererei che tu rimanessi.- Disse.
Aleski annuì e tornò a sedersi.
Aspettarono che i valletti portassero via di peso un paio di ubriachi addormentati, al che re Lotr si alzò e si diresse al camino, dove riattizzò le braci. Dando loro le spalle disse:
-Avete sentito tutti ciò che ho detto.-
I presenti assentirono.
-Gawain Darius, sei il comandante del mio esercito. Dimmi, siamo pronti ad una guerra?
-Mio re, le sue truppe sono ben addestrate, ma non sono pronte ad una campagna. Quando desiderate attaccare?
-Al più presto. Un mese, forse due. Aster Rodan, Farr Tennamen, Gioris Verso, avrò bisogno anche di voi.-
Gli altri tre uomini rimasti nel salone si guardarono l'un l'altro, poi Farr Tennamen, grosso come un toro, chiese:
-Noi, mio re? Cosa possiamo fare per voi?
-Dovrete prendere il vostro cavallo più veloce e partire domani stesso, in tre direzioni diverse, e battere tutte le Wavelands. Trovate gli uomini del nostro popolo che non sono venuti con noi al caer. E' gente valida e coraggiosa, mi è giunta voce che molti si sono radunati in gruppi compatti, vivono da fuorilegge, ma se sono ancora fedeli alla loro patria saranno felici di riprendersi le loro terre e combattere al fianco del loro re.
-Sarà fatto mio re.- Disse Farr. -Ma permettetemi di chiedere da chi vengono queste voci, io non ho mai saputo nulla di simile.-
-Vengono da me.- Disse Ollerus. Farr annuì e tacque.
-In quanto a te, Ollerus, puoi dirci come si evolve la tua missione?- Chiese il re.
Gawain Darius guardò Ollerus e disse: -Quale missione? Pensavo tu uscissi per cacciare.
-Darius- rispose Ollerus, -Tu esci troppo poco dalla tua armatura! Se scendessi in paese qualche volta sentiresti storie incredibili sul mio conto. No, non esco solo per cacciare. Re Lotr mi ha dato una missione, onorandomi con questa responabilità già prima di partire per il suo viaggio. Sono più di cinque mesi che visito i villaggi degli orchi, ne studio i costumi, cerco di capire la loro cultura.
-A che scopo?- Chiese Gawain Darius.
-Scoprire un punto debole.-
-E l'hai trovato?- Incalzò re Lotr.
-Penso di sì. Gli orchi sono divisi in clan, ognuno con il suo capo. Molti clan sono in conflitto tra loro, ma per lo più c'è equilibrio. Però non sempre è stato così: centinaia di anni fa i clan erano uniti sotto un unico Grande Re, e la sua memoria è ancora viva tra gli orchi di oggi, soprattutto tra i capi clan. Credo che se riuscissi ad insinuare l'idea di un nuovo Grande Re tra gli orchi gli equilibri tra i clan si spezzerebbero, rendendoli deboli e vulnerabili.
-Magnifico!- Esclamò il re. -Procedi con il tuo piano.
-E' già in corso, mio re.
-Domani ripartirai, e farai ritorno quando avremo bisogno di te qui.
Ollerus fece un inchino e tornò a sedersi. Invece Aleski si alzò in piedi e disse:
-Perché io sono qui, re Lotr?-
Il re si voltò e lo squadrò da capo a piedi. Aleski mantenne il mento alto e non diede a vedere il suo nervosismo.
-Sei qui perché forse ho delle notizie per te. Notizie che possono interessare tutti noi. Ma non sarò io a riferirvele.-
Dalla sua sedia, dimenticato, si alzò Tokdai Marah, che con un ampio gesto abbassò il suo cappuccio. Tutti gli sguardi furono attratti dai capelli argentei dell'elfo, che luccicavano alla luce delle candele. Li portava corti, salvo tre treccine simmetriche che gli cadevano lungo il lato sinistro della testa. Il volto era severo e squadrato. Le labbra erano sottili, quasi invisibili. Il naso era stretto, sembrava tagliare l'aria. Gli occhi grigi scrutavano torvi e sospettosi gli astanti. Poggiò le mani dalle lunghe dita nodose sul tavolo e disse, con voce bassa e cavernosa:
-Il motivo per cui il vostro re è così impaziente di cacciare gli orchi da queste terre è uno: Roma. Il vostro regno confina con l'impero romano, a nord. Abbiamo modo di pensare che il motivo della vostra spiacevole condizione sia l'espansione incondizionata dei romani. Gli orchi, messi alle strette, hanno ripiegato qui, rubandovi le terre. I cinque sovrani, tra cui il vostro re e me, per conto di mio padre, hanno deciso che l'avanzata dell'impero deve cessare. La vostra è una posizione strategica, è necessario avervi forti e pronti, quando sarà il momento.
-E io cosa c'entro?- Chiese Aleski.
-L'impero è cresciuto in poco tempo. Si dice che il motivo sia dovuto a congegni e strategie di un altro mondo. Il tuo, Aleski.

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