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martedì 24 agosto 2010

La festa


Enaur non stava più nella pelle. Correva verso casa con i pugni stretti per l'emozione e la bocca serrata per trattenere le risa. Le strade del caer erano macchie di colore da lasciare alle spalle. Il bambino vedeva solo la sua casa, dritta di fronte a sé, sempre più vicina. Attraversò il cancelletto di legno senza nemmeno accorgersene e si abbattè con tutto il suo peso, davvero poco in realtà, contro la porta d'ingresso. Ruzzolò all'interno ed andò a sbattere contro le gonne della madre, che rimase alquanto stupita e sconcertata.
-Enaur! Che fai?!
Il bambino disse qualcosa di incomprensibile e superò la madre, diretto verso il suo giaciglio. Rovistò a lungo prima di trovare tra le coperte un cagnolino di pezza che gli aveva regalato tanto tempo fa il padre. Se lo strinse sotto il braccio, poi scattò di nuovo verso la porta per tornare in tutta fretta da dove era venuto. Ma la mano ferma della madre lo afferrò per il colletto e lo sollevò di mezza spanna, anche se in un primo momento Enaur neppure se ne accorse e continuò a scalciare l'aria, pensando ancora di correre sul terreno.
-Lasciami mamma!
-Dove vai di corsa?
-Ric deve vedere!
-Cosa? Cosa deve vedere quel pupazzo cencioso?
-C'è una festa!

Non appena Enaur giunse alle porte della città fu investito dal profumo di cento pietanze differenti. Sentiva l'aroma del maiale arrostito, quello delle pannocchie bruciacchiate, l'odore forte del formaggio stagionato e di altri cibi che neanche riusciva a riconoscere. La gente del caer aveva aperto le dispense e messo mano alle provviste gelosamente custodite. Sì, erano giorni duri e si faticava a mettere da parte qualcosa, ma il re era tornato e bisognava far festa. Il re era tornato e la gente credeva che egli portasse con se la speranza. Non ci sarebbe stato più bisogno di razionare, ora che Lotr era di nuovo tra loro.
Ma Enaur non pensava a speranze, razionamenti e sperperi: pensava solo ai festeggiamenti. Lo spiazzo sotto le mura di Caer Ydalir era un'accozzaglia di colori. Tutto era in fermento tra i negozianti che allestivano banchetti improvvisati e le persone che si aggiravano per la festa a curiosare. Vide addirittura dei saltimbanchi e degli acrobati, i quali, Enaur non poteva saperlo, avevano incrociato due settimane prima la carovana del re e si erano messi a seguirla di nascosto. Il capo di quegli artisti girovaghi era uno che sapeva scorgere un affare quando gli passava sotto il naso, ed anche quella volta non si era sbagliato.
-Dove c'è un re, c'è una città, e se il re sta tornando a casa è molto probabile che gli faranno una festa. Avranno bisogno di noi!- Aveva detto ai due giocolieri mangiafuoco e ai tre attori che costituivano la sua compagnia. Per la verità avevano anche un gatto, che però si faceva sempre i fatti propri.
Ora stavano montando un palchetto e delle scenografie dipinte su tavole di legno (alberi, rocce, animaletti del bosco) mentre uno dei mangiafuoco faceva capriole per intrattenere un gruppetto di bambini.
Enaur passò oltre. Più tardi, quella sera, si sarebbe fermato a guardare il vero spettacolo, ora sarebbe stato solo uno spreco di tempo. Vide arrivare alcuni contadini che trasportavano degli strumenti musicali e li seguì fino ad uno spiazzo dove si fermarono ed iniziarono a fare le prove di un concertino niente male. Tutt'intorno a loro alcune donne e bambine erano indaffarate ad apparecchiare diverse tavole, mentre gli uomini appendevano delle lanterne agli alberi. Mentre Enaur guardava estasiato tutto quel fermento, qualcosa sfrecciò al suo fianco, strappandogli dalle mani il povero pupazzo Ric. Era il gatto dei saltimbanchi, che ora sfrecciava tra i tavoli con il cagnolino di pezza tra le fauci. Enaur si mise subito a rincorrerlo, urtando parecchie persone mentre cercava di destreggiarsi nella foresta di gambe che era la festa. Fece anche rovesciare una bancarella di frutta e mentre correva sentì dietro di sé il venditore che lo malediceva. Scoppiò a ridere e gridò al gatto che appena lo avesse acchiappato lo avrebbe sfidato a duello! Cadde all'indietro per lo stupore quando il felino si arrestò di colpo drizzando il pelo. Che lo avesse sentito? Enaur non era più tanto sicuro di voler duellare con quell'animale pieno di unghie e denti. Ma il gatto non guardava lui, bensì un grosso cane da caccia che avanzava di fronte al suo padrone, il quale al momento per Enaur, concentrato sui due contendenti, era di davvero poco interesse. Il cane avanzava con passo regale, dando l'impressione di curarsi ben poco del gatto, che dal canto suo invece soffiava e ringhiava come una furia. Il pupazzo Ric era caduto in terra ed Enaur stava decidendo se fosse il caso di scattare ad afferrarlo o aspettare, quando il padrone del cane fece calare la sua grossa mano su Ric, mentre con l'altra afferrava il gatto per la collottola e lo scostava in malo modo. L'uomo si avvicinò ad Enaur, e solo quando gli porse il pupazzo il bambino lo guardò in faccia. Era un volto gentile e sorridente, anche se segnato ed invecchiato precocemente. Ma soprattutto era un volto conosciuto: ad Enaur mancò il fiato quando riconobbe Ollerus Rotanev, l'eroe.
-Prendilo, piccolo. E' tuo, vero?
-Sì signore, grazie.- Rispose Enaur, poi non sapendo cos'altro aggiungere: -Che bel cane!-
Ollerus sorrise e sembrò ringiovanire.
-Si chiama Nuvola.
-Ma è nero!
-No, è nera! E devi sapere che quando l'ho trovata, da cucciola, era proprio bianca ed il suo pelo era morbido e vaporoso, come una nuvola! Poi è diventata così col tempo, prima grigia e poi nera.
-Forse è arrabbiata ed è diventata una nuvolaccia da temporale!
-Forse! Quando è arrabbiata è proprio una tempesta, sì! Però è molto buona, fidati!
Enaur avvicinò timidamente la mano al muso di Nuvola, ma la ritrasse subito con uno scatto. Il cane diede segno di impazienza e si avvicinò al bambino, che invece indietreggiò un po'. Nuvola, spazientita, abbassò la grossa testa e cercò la mano di Enaur, che finalmente l'accarezzò.
-Come ti chiami, piccolo?
-Enaur, signore.
-Bene Enaur, vorresti far compagnia a Nuvola per un po', diciamo fino a stasera?
-Ma certo!
-Grazie mille, Enaur, domatore della Tempesta!-

Ollerus guardò il cane e il bambino che si allontanavano. Sorrise al pensiero che il piccolo ora era molto più al sicuro con un cane come Nuvola a fargli da guardia. Ma si dimenticò presto di tutto ciò, non appena vide Aleski che lo salutava da lontano mentre cercava con non poca difficoltà di farsi largo tra la folla. Quando infine lo raggiunse si strinsero la mano, ed Aleski lo guardò perplesso:
-Pensavo che fossi in partenza!-
Ollerus si guardò intorno, sorrise e poi disse:
-Ho chiesto al re di lasciarmi partire domani. Era da anni che non vedevo la mia gente in festa, sai?
-E così anche al grande Ollerus, l'eroe, piace far baldoria!
Il volto di Ollerus si fece più serio:
-Non sono un eroe. Sono come tutti gli altri.
-Scusami, Ollerus, davvero. Ehi, hai sentito?
-Cosa?
-La sfida! Ne parlano tutti!
-Quale sfida?
-No, allora non ti dico nulla e ti lascio la sorpresa!
Ollerus non riuscì a trattenere una risata fragorosa che stupì Aleski ed un po' anche sé stesso. Era una risata genuina che saliva dal petto e gli esplodeva in gola, facendolo sentire rinato. Quel ragazzo di un altro mondo gli stava proprio simpatico.
Fu una risata contagiosa, tanto che Aleski dovette prendere fiato prima di esclamare:
-Allora andiamo, o ci perderemo lo spettacolo!-
Si fecero strada tra la gente che passeggiava, tra i bambini che si rincorrevano tra loro, tra le bancarelle. Passarono di fronte al palco degli artisti girovaghi, ormai completato, dove già il capocomico stava chiamando a raccolta gli spettatori. La folla si infittiva mano a mano che procedevano, ma Ollerus riusciva a vedere che più avanti, nei pressi di una grande quercia, la gente si apriva a cerchio, lasciando un ampio spazio vuoto.
-E' lì che stiamo andando?- Chiese Ollerus.
-Sì!
-Non vedremo nulla, c'è troppa gente!
-Non ti preoccupare, Caio ci sta tenendo un posto sulle gradinate! Ti ricordi Caio?
-Il vecchio che racconta tutte quelle storie? Sì, me lo ricordo.
-Non ti preoccupare, ha smesso!
-Davvero?
-No!
-Hai detto gradinate?
-Oh sì, Lotr ha voluto fare le cose in grande!
-Cosa c'entra il re?
-E' stato lui a sancire la sfida! Ecco Caio, siamo arrivati!-
Era impossibile non vedere il vecchio Caio, seduto su uno dei gradini di legno fatti costruire appositamente in tutta fretta la sera prima, mentre si svolgeva il banchetto. Aveva un ampio vestito sgargiante, rosso e blu, e sembrava non riuscire a star fermo dall'eccitazione. Era sempre stato grasso e il muoversi in spazi ristretti non era il suo forte. Eppure continuava a cambiare posizione, a sfregarsi le mani, a sgranchirsi il collo, con il risultato di sbattere continuamente contro i vicini di posto. Ma ciò che più lo rendeva riconoscibile era il suo grosso testone calvo, che andava arrossandosi per l'esposizione prolungata al sole.
Stirando le braccia e facendo schioccare le dita grassocce ma lunghe, Caio incrociò lo sguardo con quello di Aleski e scattò in piedi. Iniziò a gesticolare con ampi movimenti delle braccia, facendo segno di raggiungerlo. Aleski ed Ollerus scostarono quattro o cinque spettatori e finalmente raggiunsero Caio e i loro posti.
-Vi stavo aspettando! Aleski, oh Aleski! E Ollerus Rotanev in persona, signore, che piacere averla qui!- Esclamò il vecchio mentre si adoperava per togliere tutti gli oggetti che aveva usato per tenere i posti ai due nuovi arrivati.
-Caio, non c'è bisogno di tutte queste cerimonie. Come mai sei così eccitato?- Chiese Ollerus.
-Ma per la sfida ovviamente! Sarà epico! Racconterò di questo combattimento ai figli dei miei figli!
-Caio, quanto hai, più di settant'anni?- Chiese divertito Aleski.
-Settantatre, e con questo?
-Non hai figli!
-Ne avrò!
Risero tutti e tre insieme, poi Ollerus chiese, tradendo una certa impazienza:
-Di te, Caio, non mi fido, ma anche Aleski sembra abbastanza emozionato. Mi dite cosa succede?
-Sappi, Ollerus, che re Lotr ha indetto un combattimento tra due campioni!- Disse Aleski.
-Uno è a lei molto vicino, direi...- Continuò Caio.
-...E l'altro è misterioso!- Concluse Aleski.
-Darius combatterà contro l'elfo?- Chiese Ollerus. Aleski e Caio lo guardarono sconcertati.
-Hai tolto tutta la suspance.- Si lamentò Aleski.
-Cosa significa?
-Lascia perdere. Piuttosto, sembrerebbe che ieri sera Tokdai Marah abbia parlato a lungo con il re, durante il banchetto, delle capacità militari del vostro popolo e che spesso sorridesse beffardamente alle parole di Lotr. Al che Gawain Darius, che ascoltava senza dir parola, si è indispettito e ha chiesto all'elfo se egli fosse forse capace di meglio. Ma l'elfo non parla con chi non conosce, e così ha deciso per lui il re: una prova di forza tra i due, come segno di rispetto e di amicizia tra i popoli, nonché per decidere chi tra il principe e Darius fosse il migliore. O qualcosa del genere!-.
Fu zittito dall'improvviso silenzio. Tutti coloro che si erano radunati in quello spiazzo ai piedi della quercia si erano ammutoliti. Dal lato opposto a quello dove Ollerus, Caio ed Aleski avevano preso posto la gente si scostò per lasciar passare il re, che avanzava a passi decisi. Raggiunto il centro dello spiazzo abbracciò tutti gli spettatori con lo sguardo, poi si andò a sedere su uno scranno di legno preparato apposta per lui. Subito dopo, più a fatica, giunse un omino così vecchio da sembrare decrepito, il quale indossava dei pantaloni attillati gialli ed una camicia azzurra con maniche e colletto a sbuffo. Sulle spalle portava un corto mantello nero. Si posizionò al centro dello spiazzo, si inchinò e con una voce sorprendentemente profonda scandì senza urlare, ma facendosi sentire molto chiaramente:
-Signori, signore. Gawain Darius Green.-
Nel silenzio il rumore di centinaia di teste che si giravano verso il corridio lasciato aperto dopo il passaggio del re fu assordante. Da lontano si andava avvicinando la sagoma di un uomo che procedeva lentamente, senza la compiacenza di Lotr. I suoi passi erano misurati e i suoi occhi rivolti al terreno si muovevano a scatti, come se stesse catalogando ogni singolo sasso. A Gawain Darius non piacevano gli sguardi delle persone.
Raggiunse il vecchio banditore e si inginocchiò di fronte al re, estrasse la spada e gliela depose con cura ai piedi. Re Lotr sorrise compiaciuto e fece un gesto con la mano. Gawain Darius rinfoderò la spada e mentre si rialzava la cotta di maglia tintinnò come una cascata sulle rocce. Il banditore tornò a far sentire la sua voce:
-Il principe incappucciato, Tokdai Marah.-
Questa volta il rumore della folla fu disomogeneo, perché non sapevano dove guardare. L'elfo non si vedeva da nessuna parte.
Gawain Darius batté un piede per terra, più deluso che indignato. Si era aspettato un avversario all'altezza, un bel duello finalmente. Stava per lasciare lo spiazzo quando da dietro la quercia apparì l'elfo, imbardato nella sua cappa. Si avvicinò a Darius e gli sussurrò:
-Mi dispiace, sono stato trattenuto.- Il generale non seppe se a stupirlo fu la voce estremamente calma e melodiosa dell'elfo, o il fatto che gli avesse parlato. Ma i suoi pensieri furono interrotti di nuovo dal banditore:
-Al cospetto di re Lotr Hortanon, figlio di Hort, su questa terra oggi si deciderà chi è il migliore tra il campione del popolo elfico e il campione di Caer Ydalir. Che Tokdai Marah possa ammirare la nostra forza e darci saggio del suo valore. Campioni, questo è il messaggio che il re vi ha riservato: combattete contro colui che ora vi sta di fronte come un nemico per conoscere colui che in futuro sarà al vostro fianco come un amico!-
Il vecchio si allontanò lasciando i due contendenti a fronteggiarsi, immersi nel silenzio più totale.

2 commenti:

  1. OOO, finalmente, era da un po' che aspettavo un po' di azione, ora vediamo ^^

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  2. Abbi fede, il prossimo capitolo è bello movimentato! E sono già a metà!

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