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sabato 9 ottobre 2010

Amicizia e separazione

Per molti anni a venire la gente del caer avrebbe raccontato di quel giorno così strano, dei fuochi artificiali, degli spettacoli meravigliosi, del cibo abbondante e della gioia che si respirava per le strade della cittadella. Eppure ogni adulto che si cimenti nel narrare questa storia sa che tra i volti estasiati dei propri figli e nipoti ci sarà sempre almeno un bambino che insoddisfatto chiederà: raccontaci del combattimento!
C'è chi ha assistito di sfuggita allo scontro, troppo occupato in altre attività che al momento gli sembravano più interessanti, e che si maledirà per non aver prestato più attenzione. C'è chi ha provato disperatamente ad ergersi sopra gli altri per riuscire a scorgere qualcosa ed invece ha dovuto immaginare tutto ascoltando i rumori dello scontro. C'è chi in prima fila dalla troppa eccitazione si è messo a litigare con i vicini, perdendosi lo spettacolo.
Ollerus ammirò la scena con occhio esperto, Caio vedeva crearsi una storia da raccontare sotto i propri occhi ed Aleski guardava la scena come avrebbe assistito alla rappresentazione di una danza esotica dell'Africa o dell'Asia.
Tra tutti, forse soltanto il piccolo Enaur vide il combattimento tra Gawain Darius Green e Tokdai Marah come un duello epico tra due eroi delle leggende. Arrivò al luogo dello scontro seguendo Nuvola, passando sotto la foresta di gambe che era lo spiazzo intorno alla quercia. Quando Nuvola uscì allo scoperto riuscì ad afferrarla per il collo, ma rimase pietrificato nel vedere dove il cane lo aveva portato. Di fronte a lui, a poco più di due metri di distanza, svettava il capitano della guardia della cittadella, Gawain Darius. Seguì con lo sguardo la linea degli stivali di cuoio rinforzati con inserti di metallo che emanavano lampi abbaglianti ogni volta che incontravano i raggi del sole. Le gambe erano libere da impedimenti, in modo da permettergli di muoversi agevolmente, ma un gonnellino a placche di bronzo gli conferiva una minima difesa. Il bacino, il torace ed il braccio destro, quello con cui impugnava la spada, erano coperti da fasce di cuoio leggero e flessibile, mentre il braccio sinistro era nudo. Specularmente, la mano sinistra era inguantata, mentre la destra era libera. Enaur, che lo vedeva di spalle, non riuscì a capire cosa fossero le due cinghie che si incrociavano sulla schiena, ma quando Gawain si girò per raggiungere la sua postazione vide che esse tenevano salda una protezione per il petto: la faccia dorata di un leone ruggente. Gawain indossava anche un elmo con una corta criniera nera sulla sommità.
Enaur era così affascinato dal capitano che non aveva fatto caso al suo avversario finché la folla non proruppe in un'esclamazione di sorpresa. Fu così che il bambino finalmente vide Tokdai Marah e rimase a bocca aperta. Capì all'istante il motivo dell'agitazione del pubblico: l'elfo si era tolto il cappuccio, rivelando una chioma che nessuno dei presenti aveva mai visto, mai nemmeno sognato. In un primo momento Enaur pensò che dalla testa dell'elfo sgorgasse dell'acqua, come una sorgente di montagna. I suoi capelli sembravano proprio un ruscello, tanto erano lisci, fluenti e, meraviglia, luminosi. Erano fili d'argento sottilissimi, che sembravano cambiare ad ogni minimo movimento della testa dell'elfo. Gli cadevano sulle spalle come se fossero una cascata, e sembrava quasi di sentirli scrosciare. Ma la sorpresa fu ancora più grande quando l'elfo slacciò il mantello e lo fece cadere a terra. Tokdai, a differenza di Gawain, non indossava armature: era a torso nudo, mani nude, piedi nudi. Le gambe erano avvolte in fasce di lino tinto di verde. Legato alla caviglia destra portava un pugnale dalla lama ricurva e completamente decorata in motivi geometrici e lettere sconosciute.
Gawain Darius alzò la spada e guardando negli occhi l'avversario toccò la lama con la fronte. Tokdai accolse il saluto e abbassò il capo in segno di rispetto. Fu l'inizio del combattimento.
Gawain ancora colpito dall'abbigliamento dell'avversario, esitò per un momento e così perse il primo movimento dell'elfo. Un attimo prima era proprio di fronte a lui, quello dopo si era spostato alla sua sinistra, velocissimo. Ma il generale si ridestò subito e attivò i suoi sensi allenati in modo da non farsi più sorprendere. Vide lo spostamento successivo, due passi in avanti veloci come quelli di un gatto. Ma ciò che lo stupì fu l'espressione estremamente concentrata ed allo stesso tempo passiva di Tokdai. Gawain fece scivolare il piede destro all'indietro e si mise in guardia, aspettò il momento giusto e poi scattò in un affondo, con l'intenzione di far abbassare l'elfo e costringerlo ad estrarre il pugnale per parare. Ma non fu così: Tokdai spostò il busto verso sinistra, poi ruotò su se stesso ed in un attimo fu alle spalle di Gawain. Darius non vide lo spostamento ma lo sentì e subito si portò lontano dal nemico per non dargli vantaggio.
-Sei veloce, elfo!- Disse, mentre si slacciava l'elmo. -Dunque ho bisogno di vederti meglio!- Lanciò l'elmo a terra e si staccò anche la testa di leone dal petto. Troppo peso per un combattimento in velocità. Tokdai non rispose e non cambiò espressione. Corse verso Gawain e quando gli fu di fronte scartò di lato, lo sorpassò, si voltò e sferrò un calcio alla schiena dell'avversario fecendolo cadere nella polvere. L'elfo balzò in alto ed a mezz'aria estrasse il coltello. Gawain sentì il terreno sotto la schiena e subito dopo la lama sul collo. Ma il generale non era uno sprovveduto, e riuscì a piantare il pomolo nel fianco dell'avversario, togliendogli il fiato. Strisciò fuori dalla presa e si rialzò in piedi. Non perse tempo, alzò la spada sopra la testa e la fece calare con forza sull'elfo, che però vide il colpo e rotolò di lato, si rialzò e saltò all'indietro. Darius con due fendenti fece indietreggiare ancora di più Tokdai. Al terzo fendente l'elfo si abbassò flettendo le lunghe gambe, poi fece scattare il manico del coltello verso l'alto e colpì con forza il nervo del gomito di Gawain. Il generale lanciò un grido di dolore ed involontariamente la mano destra si contrasse e si aprì, lasciando cadere la spada. Il seguente movimento del coltello di Tokdai fu un lampo che disegnò sul petto di Gawain un sottile filo rosso. Ma il colpo non finì come Darius era abituato: gli avevano insegnato che dopo un fendente dal basso come quello il braccio deve esercitare una forza inversa per bloccare la sua corsa e tornare di nuovo in posizione difensiva, il che provoca una contrazione dei muscoli notevole. Mai si sarebbe aspettato che l'elfo riuscisse ad invertire il colpo e tornare a colpire con un fendente esattamente speculare. Eppure con sua somma sorpresa il braccio dell'elfo tornò indietro in una frazione di secondo, con la punta del pugnale minacciosamente protesa verso il suo volto. Gawain superò lo sconcerto e deviò il colpo parandolo con il braccio teso, poi aprì la mano ed afferrò il polso di Tokdai.
-Non scappi.- Gli ringhiò Gawain, poi serrò la presa. La lama dell'elfo cadde a terra.
Gawain lasciò andare l'avversario e lo spinse lontano dalle armi, allontanò con un calcio la spada ed il pugnale, guardò l'elfo e strinse i pugni.
-A mani nude.- Disse tra i denti.
Tokdai sorrise. Corse di nuovo contro Gawain con la testa bassa, pronto a caricare, ma il generale ormai si era abituato alla velocità dell'avversario. Lo aspettò fino all'ultimo, poi si scostò di un passo, si bilanciò sulle gambe ed afferrò l'elfo per le braccia. Con una leggera rotazione del busto fece ribaltare l'elfo e lo schiacciò a terra sotto il suo peso. Gli premette un ginocchio sul ventre e sferrò un pugno alla mascella del principe Tokdai. L'elfo tossì e il suo sangue si mischiò alla polvere dell'arena improvvisata. Quando riaprì gli occhi vide un secondo pugno arrivare e lo parò con la mano aperta. Fece forza e spinse lontano il nemico, si rialzò con un balzo e si passò una mano sulle labbra. Assaporava in bocca il sapore metallico del sangue: era da tanto tempo che non si sentiva così vivo. Scoppiò in una risata cristallina che sconcertò il pubblico, ma non Gawain che capiva lo stato d'animo dell'elfo. Anche lui da tempo non trovava avversari così formidabili, e combattere contro il principe era come l'acqua fresca dopo una lunga corsa.
Ripresero il combattimento e combatterono finché il sole non fu tramontato. La stanchezza, il sudore, il sangue negli occhi e le tenebre della sera posero fine al balletto dei due guerrieri. Nessuno risultò vincitore perché entrambi erano ancora in piedi quando il re si alzò per decretare la fine del duello. La velocità dell'elfo era eguagliata dall'astuzia dell'uomo, la loro forza era pari, le loro tecniche estremamente diverse ed estremamente armonizzate.
Stanchi, sfiniti e barcollanti, Tokdai Marah e Gawain Darius Green si strinsero la mano e si abbracciarono. Nessuno dei presenti poté sentire ciò che si dissero al centro dello spiazzo, quindi nessuna canzone riporta questo particolare. Ma Tokdai disse qualcosa, questo è certo. Disse:
-Ora tu sei Vel Toi.-
Prima che Darius riuscisse a chiedere cosa significasse quella parola, re Lotr scese tra loro e guardandoli come un padre amorevole gridò:
-Che il vostro prossimo scontro sia fianco a fianco!-
La folla esultò.

Ollerus mangiava di gusto una pannocchia arrostita mentre guardava dei bambini che fingevano di combattere con delle spade di legno intagliate apposta per loro dal falegname, il quale ora giaceva ubriaco su una sedia a rimirare le stelle, senza curarsi della gente che gli ballava intorno al suono dei violini.
Poco a poco tutti i cittadini si ritirarono nelle loro case, lasciando dietro di loro una baraonda di carte, sedie ribaltate, cibi mezzi finiti ed abbandonati. Ollerus camminava mesto tra le rovine della festa e pensava che la mattina dopo sarebbe partito e non avrebbe più rivisto quel posto per molto tempo. Era immerso nei suoi pensieri quando scorse appena fuori dalle mura una luce rossa tremolante e sentì delle voci allegre venire da quella direzione. Si avvicinò spinto dalla curiosità: era la luce di un falò ed attorno ad esso vi erano una ventina di persone. Alcuni imbracciavano uno strumento musicale e intonavano motivetti improvvisati, un po' per sfida, un po' per puro piacere di suonare insieme. La birra scorreva a fiumi. Nessuno gli chiese nulla, ma senza una parola gli fecero spazio e gli ficcarono in mano un boccale. Ollerus si guardò intorno e riconobbe le facce di qualche contadino, mentre gli altri erano i saltimbanchi che avevano dato spettacolo durante la serata. Poco più avanti lungo il bordo della strada notò il carro-palco e i cavalli legati ad un albero. Si rilassò e si abbandonò alla musica.
I violini lo trasportarono su verdi prati battuti dal vento, il flauto popolò la sua fantasia di piccoli animaletti vivaci che saltellavano tutt'intorno. C'era un tamburello che gli ricordava lo scrosciare di una pioggia estiva, odorosa e leggera. Chiuse gli occhi e vide una collinetta verde, punteggiata da innumerevoli fiori rossi. Sulla cima gli sembrava di intravedere una vecchia china a raccogliere mazzetti di fiori. Si incamminò, o meglio si lasciò trasportare dalla musica lungo il pendio e raggiunse l'anziana signora, che non sembrò accorgersi di lui. La sua mente chiese: “cos'è questo posto?”. E la vecchia raddrizzò la schiena con uno scrocchiare di ossa che sembrava il rumore degli alberi centenari scossi dal vento. Senza dire una parola protese un braccio verso l'altro lato della collina, ed Ollerus seguì il dito ossuto. Ciò che vide fu uno sterminato campo di battaglia, dove i cadaveri di due eserciti nemici giacevano ammassati senza distinzione e gli uccelli volavano in gran cerchi su di essi. Allora Ollerus riaprì gli occhi, non prima di accorgersi che i vestiti della vecchia erano logori e quelli che aveva scambiato per bellissimi fiori rossi erano in realtà gigli bianchi appassiti e intrisi del sangue della battaglia.
Quando tornò alla realtà si guardò intorno aspettandosi di avere tutti gli occhi puntati su di sé, ma non era così. Nessuno gli prestava attenzione, erano tutti rapiti dalla musica. Nessuno tranne un ragazzo che gli stava seduto di fronte e lo scrutava con un sopracciglio alzato: Aleski.
Aspettarono che la musica fu finita. I saltimbanchi sarebbero andati avanti per ore, dicevano che era sufficiente avere il boccale sempre pieno per poter suonare tutta notte. Ma i contadini, che l'indomani si sarebbero svegliati come tutte le altre mattine per lavorare nei campi, abbandonarono il falò alla spicciolata. Anche Ollerus ed Aleski augurarono la buonanotte e si incamminarono verso casa.
-Cosa ci facevi qui, Aleski?- Chiese Ollerus.
-Dopo il combattimento sono andato a vedere lo spettacolo dei giocolieri. Mi è piaciuto molto e mi sono andato a congratulare con loro alla fine. Così abbiamo fatto amicizia ed eccomi qui!
-Mi fa piacere!
-Dunque domani parti, Ollerus?
-Domani partirò, sì.
-E dove andrai?
-Lo sai, dagli orchi.-
Aleski rimase in silenzio per molto tempo, poi sospirò e disse:
-Parto anche io domani mattina.-
Ollerus lo guardò con lo stupore negli occhi, poi annuì.
-Sapevo che non saresti rimasto al caer a lungo.
-Come mai?
-Sono passati due mesi da quando sei arrivato e non abbiamo trovato una minima traccia del tuo amico. Ormai è chiaro che lui non è qui. Eppure quando sono tornato due giorni fa, la prima cosa che mi hai chiesto è se avevo notizie di Claudio. E' evidente che non hai perso la speranza, come è altrettanto evidente che non lo troverai qui.
-Il capocomico mi ha detto che la sua carovana viaggia in lungo ed in largo e che se voglio posso unirmi a loro. Ho pensato che muovermi è meglio che stare fermo in un punto, chissà che magari non trovi qualcuno che ha visto Claudio, o ne ha sentito parlare.
-Sono sollevato! Per un attimo ho pensato che saresti partito da solo. Ti avrei dato volentieri un cavallo e di sicuro avrei insistito che tu prendessi Nuvola con te! Ma così sono molto più tranquillo. I saltimbanchi sanno il fatto loro, sono abituati a viaggiare, conoscono le strade ed i loro pericoli.
-Porta Nuvola con te, Ollerus, qui soffrirebbe di solitudine e con me non si troverebbe bene.
-La porterò. Mi farà compagnia!
Arrivarono così a casa e si salutarono. Entrambi si addormentarono subito, sapendo che l'indomani sarebbero dovuti essere più svegli che mai. Aleski ebbe un sonno senza sogni, Ollerus non ricordò nulla al suo risveglio, ma la sua notte fu tormentata da fiori rosso sangue.

1 commento:

  1. Bello, due sole cose
    ......combattere contro il principe era come l'acqua fresca dopo una lunga corsa..... non pensi che stia meglio come "BERE" l'acqua fresca..?? così di istinti mi sarei aspettato il "bere" e quando non c'era mi sono trovato spiazzato...

    altra inezia.......Il capocomico....spero che tu ti sia documentato su questo termine che a me precisamente non dice nulla XD

    cmq ottimo vai avanti ^^

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